Una nuova vita

Giulio, un giovane universitario, si trova a condividere l'appartamento con una ragazza molto particolare

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    Ho dovuto lasciare il finale di questa storia appeso, una decisione dettata da vincoli di tempo e imprevisti esterni. Non mi convinceva del tutto, ma l'avevo scritto in tutta fretta solo per dare un qualche tipo di conclusione. Per questa ragione, ho optato per una nuova direzione: ampliare il racconto, arricchendolo con il crescendo che sento meriti. Spero possa piacervi.

    Capitolo 10 - Alternative

    “È troppo stretto…”

    Sbuffò, amareggiata, mentre si osservava, con severità, attraverso lo specchio. Alessia tentò invano di riposizionare la lingerie, la sua arma segreta, per accomodare ogni parte del suo corpo. Il tulle, però, tanto sensuale quanto severo, non le donava la pace sperata. I capezzoli le premevano sul tessuto, posti in punizione dietro un sottile velo di pizzo nero. Le apnee a cui si sottoponeva erano interrotte dal suo continuo sbuffare e lamentarsi sottovoce. In nessun caso sarebbe riuscita ad indossare per più di qualche minuto quel body.

    “Colpa sua…”

    Mentre il broncio riempiva il suo dolce viso, la mente tornava al giorno prima e alla sua fugace, ma intensa, interazione con Silvia. Per Alessia, era lei la colpevole di questo disastro. D’altronde, come avrebbe potuto scegliere in tranquillità la taglia giusta, subendo continue e indesiderate attenzioni? Per un attimo le sembrò di risentire le mani di Silvia cingerle il corpo, facendola, in un istante, trasalire e, inconsciamente, ritirare su se stessa. Un profondo e lungo sospiro segnalò la sua sconfitta. Continuava a guardarsi allo specchio, adagiando la sua attenzione sulle sue vacue forme. Le parole di Silvia avevano minato la sua già fragile sicurezza. Scostando il lembo di tulle che proteggeva la sua intimità, le velenose osservazioni raccolte la sera prima le parvero più reali che mai.

    “Più corti, più curati”

    I suoi pensieri correvano verso il futuro, mentre con le mani accarezzava l’inguine celato da una scura peluria. Fin dove era necessario spingersi? Una misera spuntatina o un look moderno, Alessia tentava di immaginare il proprio corpo e la reazione di Giulio a tale vista. Si sentiva come un pesce fuor d’acqua, costretta ad affrontare una sfida per la quale nessuno l’aveva mai preparata. Scostò più volte il tulle, rigirandolo e tirandone i lembi, così da avere una visione più chiara. Un movimento di troppo, però, pose fine a qualsiasi elucubrazione.

    Un sordo e improvviso rumore annientò tutte le speranze di Alessia.

    “No, no, no, no, no…”

    Le esili mani della ragazza, freneticamente, tentavano di riunire le parti del body che si erano strappate. Un lungo taglio era disegnato sul fianco del suo ultimo acquisto. Pateticamente, Alessia tentò in tutti i modi di rimediare al danno commesso, aspettandosi che, come per magia, il tessuto si ricucisse da solo. La disperazione, ormai, la stava portando a piangere e, con un accenno di lacrime, si lasciò sprofondare sul letto.

    Abbracciando il soffice cuscino, lasciò che il silenzio le rubasse la scena. Poteva ancora vedere uno scorcio di sé riflesso allo specchio affisso alla parete. Vedendosi in quello stato non poté fare altro che indulgere nello sconforto, senza speranza alcuna. Pur non volendo, rimuginò più volte sulle parole di Silvia.

    “Agli uomini piace quello, agli uomini piace questo…”

    Il passionale bacio scambiato con Giulio albergava ancora sulle sue labbra, non poteva credere che non avesse alcun significato. Il battito del suo cuore si faceva sempre più incostante, quel dolce ricordo la rendeva solo più triste. Si ritrovò ben presto ad avvinghiarsi completamente al cuscino, intrappolato così come lo erano le sue paure. Alessia non riusciva a darsi pace, le preoccupazioni annebbiavano la sua capacità di giudizio, paranoie sul suo corpo e sui suoi comportamenti rimbalzavano nella sua stanca mente. Il terrore di perdere Giulio per via di un qualsiasi errore, inoltre, demoliva qualsivoglia piano e strategia riuscisse a ponderare. Si chiese, quasi sbigottita, se quello che stava provando non fosse altro che amore. Era la prima volta che si sentiva così, nessuno era mai riuscito a far breccia in quel modo nel suo cuore.

    Affondò il viso e le unghie nel cuscino, suo compagno di sventure, immaginando fosse il suo amato. Ripercorse nuovamente tutte le tappe di quel giorno, il primo bacio, il lento scivolare delle sue mani fino al suo sedere, l’emozione di Giulio premuta con forza contro il suo ventre. Il cuore era sul punto si esplodere, una vampata di calore la pervase da capo a piedi.

    “Giulio…”

    Mormorò il suo nome più e più volte, desiderando ardentemente che i suoi sogni potessero realizzarsi. Chiuse gli occhi per aiutare la fantasia a immergerla nel mondo che desiderava, felice insieme a Giulio. Scostò leggermente il tulle, ormai umido, che celava il suo focoso fiore. Non era solita procurarsi piacere, non aveva mai sentito tale necessità. Sapeva di essere un po’ particolare sotto quel punto di vista, quasi una rarità, ma la sessualità non era connaturata in lei. Eppure, l’arrivo di Giulio nella sua vita aveva mosso qualcosa nel profondo del suo essere.
    Rapidi e focalizzati movimenti presero quasi immediatamente il posto del lascivo e lento massaggio che stava praticando. Il timido clitoride fremeva al tocco, irradiando il corpo di intenso piacere. I suoi muscoli tremavano a ogni movimento, il suo ansimare era sempre più irregolare e il suo corpo si contorceva in una danza lussuriosa. Il cuscino era, ormai, rimpiazzo momentaneo del suo desiderio, mordendone un angolo per sopprimere il rumoroso ansimare.

    Si osservava allo specchio gemere e sussultare, come a voler imprimere per sempre questo fugace atto di coraggio. Ciò a cui stava assistendo sarebbe stato lo spettacolo che avrebbe donato a Giulio. Anche nel pieno della tempesta di piacere, non resistette al porsi domande sulla qualità della sua performance. Si interrogò sulle preferenze di Giulio, preoccupandosi che la lasciva visione offerta non avrebbe incontrato i suoi gusti.

    Pur fronteggiando questi pensieri, il suono ritmico di un bagnato stantuffare riempiva la stanza, accompagnato da un crescente e preoccupato ansimare. In quel preciso istante si sentiva sporca, immorale e imbarazzata, si sentiva sullo stesso livello di una prostituta che si vendeva senza remore.

    “La tua puttana…”

    Mormorò prima di irrigidirsi completamente, perdendo il controllo delle gambe, che si dimenavano come se avessero vita propria. Il potente orgasmo sconquasso i suoi pensieri, donandole, per qualche minuto, una quanto mai meritata pace interiore. Era da diverso tempo che non si donava piacere e non era più abituata a quella scarica di adrenalina. Per la tenera ragazza, la sessualità era un concetto quasi avulso alla sua quotidianità. Non era una campionessa di castità, sapeva come esplorare il suo corpo quando più ne aveva bisogno, ma le occasioni era sparute e frettolose. Una resa senza condizioni alla sua carne, che, a più riprese, pretendeva di avere voce in capitolo.

    Né soppressione né timidezza, a guidarla era la volontà di raggiungere un approccio equilibrato al suo desiderio. Per farlo, però, si erano rese necessarie delle regole, talvolta disattese, ma per lo più adottate e inconsciamente attuate. La masturbazione era uno di quegli aspetti, forse tra i più critici, del suo codice autoimposto. Dedicava attenzioni al suo corpo solo poche volte al mese, solo nei frangenti in cui la sua forza di volontà risultava più fragile. L’arrivo di Giulio nella sua vita, però, l’aveva, in parte scombussolata. Non le ci volle molte per capire che la ribellione attuata dal proprio corpo si faceva tanto più violenta tanto più tempo passava insieme al suo amico. Per levarselo dalla mente e calmarsi arrivò anche a guardare qualche video porno, goffo tentativo che fece solo esplodere il suo desiderio.

    Si sentiva come una mina, pronta a esplodere da un momento all’altro. La sua miccia era sempre più corta e temeva che questo potesse essere un deterrente nei confronti di Giulio, convinta che mai l’avrebbe amata se avesse dato sfogo alla sua lussuria.

    -Per gli uomini è così semplice-

    Pensò, constatando la propria difficoltà a esprimere ciò che provava. Temeva di perdere Giulio, temeva di allontanarlo o, peggio, di farsi sfruttare. Finalmente mollò la presa sul cuscino, donandogli una rinnovata libertà. Sedendosi sul letto, notò come lo strappo al vestito fosse peggiorato. I movimenti inconsulti avevano infierito sul disastro poc’anzi causato, rendendo, molto probabilmente, irreparabile il danno.

    La mano scorreva sullo strappo, quasi sollevata dall’inaspettata opportunità. Non avrebbe più potuto utilizzare quel body, risparmiandosi, molto probabilmente, un giudizio critico della sua fiamma. La momentanea calma, però, lasciò spazio al disperato grido di aiuto del desiderio. Lei voleva farsi ammirare da Giulio, lei voleva indossare quel vestito per lui. Complice una gran confusione in testa, pensò che l’unica persona in grado di risolvere il pasticcio che aveva creato fosse solo una. Pur non andandole troppo a genio, chi meglio di lei almeno per sostituire il body?

    Attese quasi fino a sera prima di uscire di casa. Tra le sue mani stringeva il suo borsone in juta, al cui interno era riposto con cura, per quanto fosse possibile, il completino intimo reduce dell’avventura pomeridiana. Con circospezione, muovendosi come un gatto tra la folle, si appostò fuori dal negozio dove stava lavorando Silvia. Doveva solo attendere l’orario di chiusura e sgattaiolare all’interno. Secondo la sua logica, Silvia le avrebbe fornito una rapida alternativa pur di non attardarsi più del dovuto. In questo modo sarebbe anche riuscita ad evitare qualsiasi confronto indiscreto, un piano perfetto per evitare di esporsi più del dovuto.

    Alessia percorse più volte il viale sul quale si affacciava la boutique, muoversi la aiutava a rimanere concentrata e a calmarsi. Si sentiva come un soldato pronto ad affrontare una missione speciale senza garanzia di rientro. I lampioni iniziarono ad accendersi in sequenza e, poco dopo, la saracinesca del negozio iniziò ad abbassarsi fino a mezza altezza. Le luci interne diventarono più soffuse e il via vai della folla sul marciapiede divenne sempre più esiguo.

    Stava sudando, si sentiva come una preda che stupidamente aveva deciso di immolarsi al cospetto del suo cacciatore. Doveva farlo, doveva dimostrare a se stessa che era in grado di riuscirci. Scivolò agilmente sotto la saracinesca e, immersa nella penombra, raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo.

    Nel buio, il negozio aveva assunto un aspetto quasi spettrale. Da sola, immersa nella fioca luce emessa da una lampada posta sul bancone, attendeva il suo turno in una fila immaginaria. L’assenza prolungata di Silvia, però, stava diventando più snervante della sua stessa presenza. Per un attimo si ritrovò a ripercorre il tragitto verso l’uscita. Ma il suo corpo era di diversa opinione e la tratteneva in quel luogo dove il tempo era sospeso.

    “P-permesso!”
     
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    Capitolo 11 - Alt.

    L’andirivieni delle curiose clienti andava sempre più scemando, i caldi raggi del tramonto coloravano i capi esposti e le lancette del piccolo orologio affisso nel negozio erano in procinto di dichiarare la meritata libertà. Solo il loro lento e metodico rintoccare era rimasto a far compagnia a Silvia, dedita a riassettare i diversi indumenti esposti prima di terminare la sua giornata lavorativa. Gli attimi prima della chiusura erano i suoi preferiti, non solo perché da lì a poco sarebbe rientrata a casa per riposarsi, ma anche per l’opportunità di passare del tempo da sola con la sua amata lingerie.

    Ciò che più le piaceva di quel lavoro era, infatti, era la possibilità di donare la giusta e ricercata femminilità a tutte le clienti con il capo giusto. Ogni corpo poteva diventare un capolavoro col giusto tessuto, ogni desiderio poteva essere espresso con la scelta della lingerie più adatta. Una estenuante ricerca della perfezione che, purtroppo, non riusciva a raggiungere personalmente. Seppur sempre soddisfatta dei consigli elargiti alle diverse donne che entravano nel negozio, non riusciva a ottenere da se stessa il medesimo appagamento. Ogni indumento fallato, rovinato o, semplicemente, troppo vecchio per essere destinato alla vendita diventava un nuovo tentativo per la sua fantasia.

    Anche quella sera, colta la nuova opportunità che si era presentata, aveva deciso di rendere il corpo nuovamente una tela da far vivere con nuove sfumature. Prima di entrare nel camerino, fece scivolare la saracinesca fino a metà altezza e spense gran parte delle luci. Un ottimo modo per tenere lontani curiosi e clienti fuoriorario. Il babydoll su cui aveva messo le mani si sarebbe rivelato un valido tentativo per illuminare il suo corpo.

    Avrebbe donato a quel completino nuova vita, malgrado le irregolari e rovinate cuciture delle spalline. La rete a pois violacea donava eleganza e grazia alle curve di Silvia, le quali risaltavano grazie allo strategico cut-out sotto il prosperoso seno. Il pizzo era tanto sottile da lasciar intravedere chiaramente la sue curata e vellutata pelle e gli slip abbinati, anch’essi di deciso ed elegante color viola. Fece un giro su se stessa, lasciando che la veste si alzasse e adagiasse leggiadramente nuovamente sul suo corpo da amazzone.

    Gli slip, anch’essi tanto trasparenti quanto graziosi, contenevano a fatica il suo membro dormiente. Nonostante la sua ingombrante presenza, nulla poteva contro l’eccezionale femminilità che rappresentava Silvia. Il raffinato portamento rendeva il pizzo un mantello degno di una regina. Non le dispiaceva affatto quel babydoll, non era perfetto, ma la faceva sentire sicura di sé.

    La sua piccola sfilata privata venne interrotta inaspettatamente da una inattesa richiesta.

    “P-permesso!”

    Scostò la tenda del camerino, lasciando fuoruscire leggermente solo il capo, per scoprire chi avesse avuto l’ardore di entrare nel negozio a quell’ora. Alessia, tesa in una rigida e timorosa posa, si trovava proprio al centro della sala, abbracciata dalla penombra e dal silenzio serale. Stringeva al petto con entrambe le mani la sua sciatta borsa di juta, cingendola a sé come volesse celarla alla vista di chiunque, anche la propria. Cosa ci facesse lì la ragazza, per Silvia, era un mistero degno di essere approfondito. In realtà, dopo il loro ultimo incontro, era più che convinta che non vi sarebbero state ulteriori occasioni di incontrare la dolce metà di Giulio.

    Le tornò, come un lampo, alla mente il comportamento che, inspiegabilmente, aveva tenuto con lei. Non era fiera per il suo comportamento, tutt’altro. Si sentiva in colpa per aver fatto vivere ad Alessia quegli interminabili minuti di perfido giudizio.

    Silvia uscì dal camerino coprendo, per quanto ne fosse in grado, con le mani le parti più esposte del suo corpo. Alessia non si aspettava di certo di incontrare Silvia in quello stato, le fu naturale, quasi istintivo, distogliere lo sguardo, lasciando che giacesse ai suoi piedi.

    “Alessia, non ti aspettavo a quest’ora. A dirla tutta, non aspettavo nessuno.”

    “No… Io… Non volevo disturbare, è che…”

    Il coraggio della ragazza svanì di colpo, lasciandola inerme alla mercé di Silvia. I muscoli delle gambe, da tesi come una corda di violino, divennero immediatamente molli e deboli. Ora il suo piano le sembrava senza senso, interrogandosi sul perché si fosse sottoposta nuovamente a quell’estenuante esperienza.

    “Non disturbi, tranquilla. Come posso aiutarti?”

    Un sorriso forzato atto a mascherare il medesimo smarrimento non riuscì a rassicurare Alessia, che, annaspando tra le parole, aveva già iniziato ad evadere dalla situazione nella quale si era posta.

    “Niente. Io… tornerò domani.”

    “Non mi disturbi, davvero. Stavo… solo provando alcuni nuovi arrivi. Hai già avuto modo mettere alla prova il tuo ultimo acquisto?”

    Le mani di Alessia affondarono ancora con più forza nella borsa, con che coraggio le avrebbe potuto dire quanto era successo. In fondo, si trattava di un suo regalo. Inoltre, chissà a quali pensieri avrebbe dato adito. Non ci aveva fatto nulla di male con quel body, o, almeno, non era stato quello il motivo della rottura. Non decidendosi su quale scusa utilizzare, il tempo continuava a scorrere, lasciando Silvia in una snervante attesa.

    “Sì… cioè, no. L’ho provato, ma… non… cioè…”

    Con le parole non sarebbe mai riuscita a esporre il problema, la sua mente non collaborava. La sua parte più razionale gridava di scappare, di abbandonare quel luogo, ma la flebile speranza di un epilogo positivo, un aiuto per la sua condizione, riscaldava il suo animo impaurito. Con riluttanza, estrasse dalla borsa il body, mettendone in risalto il danno causato dalla sua imprudenza.

    “Oh…”

    Silvia si avvicinò e facendo scivolare il tessuto tra le sue esili dita cominciò a valutare le possibili soluzioni.

    “Mi dispiace, ma non penso si possa far niente. Il taglio è troppo largo, è da buttare.”

    La tagliente constatazione spiazzò Alessia, non si aspettava un esito tanto deludente. Era convinta che una soluzione si potesse trovare, che lo sforzo di arrivare fin lì venisse, in qualche modo, ripagato. La realtà delle cose, però, era ben diversa. Poteva trattarsi solo di un body, ma per lei era una sconfitta. Un pessimo inizio per la sua voglia di diventare una donna perfetta per Giulio. Lasciò il body nelle mani di Silvia, mentre, mestamente, si girava verso l’uscita.

    “G-grazie. Fa niente.”

    “Se vuoi posso dartene un altro. Uno più… resistente.”

    L’offerta l’allettava, ma era altrettanto spaventata da quanto avrebbe dovuto sopportare. Non fece in tempo a vagliare le opzioni a sua disposizione che Silvia, agilmente, era già nei pressi della porta. Un rapido click venne seguito da un assordante clangore metallico. La saracinesca iniziò a scendere, non lasciando alcuna via di fuga ad Alessia.

    “Ti aiuto io a sceglierlo, tranquilla.”

    Nei successivi minuti, Silvia trascinò con sé l’impaurita ragazza in ogni angolo del negozio. Il suo sguardo balzava tra i vari capi esposti e il corpo di Alessia, sommessi commenti di insoddisfazione anticipavano una nuova valutazione.

    “Il problema è che… non c’è molto da mettere in risalto”

    Una nuova stilettata infilzò il cuore di Alessia, ancora una volta le venivano ricordate le sue indelebili mancanze. Non voleva crederci, non voleva diventare nuovamente bersaglio di quelle frecciatine.

    “N-non è vero!”

    Con un inaspettato rigurgito di temerarietà, Alessia tentò di controbattere la spietatezza di Silvia, solo per ricevere come risposta una beffarda e sommessa risata.

    “Davvero? Allora dai, dimostralo… Spogliati”

    L’ultima parola, carica di malizia e sfida, pietrificò Alessia. Silvia sbuffò, sapendo di aver affondato qualsivoglia velleità di ribellione della povera ragazza.

    “Speriamo Giulio abbia una buona immaginazione…”

    Il beffardo commento, anziché demoralizzarla e piegarlo, la fece ardere di risentimento. A uno a uno, sotto lo sguardo impassibile di Silvia, i vestiti di Alessia scivolarono sul pavimento, mostrandone il corpo in ogni sua angolatura. Con i pugni e le palpebre serrati era pronta a dimostrare a Silvia ogni sua errata congettura.

    “Sarà più facile prendere le misure così…”

    Le dita di Silvia tornarono, come l’ultima volta, a scivolare sulla candida pelle di Alessia. Poteva percepire la voluttuosità dei suoi movimenti, lasciando che fosse il tatto a permetterle di fare esperienza di quanto stava accadendo intorno a lei. Come se stesse armeggiando con un manichino, Silvia spostava gli arti della ragazza, sollevandoli secondo necessità. Il tentativo di mantenere la professionalità che la contraddistingueva fu ben presto reso vano dall’occasione che le si parava davanti. Il suo membro esprimeva i suoi pensieri più lascivi, ergendosi entro il ristretto spazio donato dagli slip e marcando la sua presenza con un umido alone di piacere.

    Allontanò le mani dalla tela su cui stava lavorando, proibendosi di continuare nell’esplorazione dei suoi più bassi istinti. Non poteva, non voleva, far vivere questa esperienza ad Alessia, insudiciare con i suoi desideri la persona amata da Giulio. Osservò il suo pene eretto pulsare, affamato e deliziato dallo spettacolo a cui stava assistendo.

    “Ho… ho capito quale lingerie potrebbe essere adatta per te. Vado a prendertela subito, aspettami qui.”

    Prima di allontanarsi, con un malizioso gesto di solidarietà femminile, schiaffeggiò una natica di Alessia. Un gemito improvviso colse di sorpresa entrambe. Alessia portò le proprie mani al volto, sigillando la fonte di quel disdicevole suono. Non riusciva a credere fosse stata lei a emettere quella nota di piacere, non voleva accettare che il suo corpo potesse rispondere in quel modo. Anche Silvia era altrettanto senza parole, la sua attenzione era sulla propria mano, indagando sulla fonte di quell’inaspettata reazione.

    Il silenzio della sala si fece sempre più pesante. Attimi di esitazione riempivano la mente di entrambe, calate in una scena in cui loro ruoli erano sempre più enigmatici. Una sonora pacca ruppe il silenzio. Un altro gemito, più forte del precedente, seppur soffocato, seguì il movimento della mano di Silvia. Con accuratezza scientifica, Silvia aveva compreso il nesso di causa ed effetto che legava lei ad Alessia.

    “Meglio prendere altre misure…”

    Alessia, con gli occhi ora sbarrati, seguiva la torreggiante figura di Silvia avvilupparla quasi totalmente. Incapace di reagire, di proporre alcuna linea di difesa credibile, si donò alle peculiari attenzioni della sadica amica. Non aveva la forza per combattere su due fronti, ma non avrebbe dato alcun ulteriore spunto a Silvia, sperando che, come una predatrice annoiata, perdesse presto interesse.

    Le mani di Silvia inclinarono, con delicatezza il busto di Alessia in avanti. I muscoli delle gambe si stirarono con grazia, mentre le ginocchia si piegavano leggermente. Poi, con la schiena dritta e la testa leggermente sollevata, fece scivolare le braccia fino alle dita dei piedi.

    In questa posizione, Alessia aveva, suo malgrado, una limpida visione dell’eccitamento di Silvia. Per quanto tentasse di defletterne la presenza, la sua preponderante massa lo poneva sempre al centro del suo campo visivo. Dall’alto, Silvia, poteva osservare con più facilità l’intimità, ora esposta, di Alessia. I ciuffi di pelo a fatica coprivano l’origine del suo piacere in quella posizione.

    “Mi raccomando, non devi muoverti ora”

    Facendo scivolare un dito dalla base del collo fino ai glutei, l’attenzione di Silvia si spostò sul fondoschiena della ragazza. Quando giunse nei pressi dell’ano si interruppe. Dentro di lei due voci gridavano ordini contrastanti.

    -Fallo-

    -Fermati-

    Ritrasse la mano, abbandonando il contatto con la pelle di Alessia, per poi, subito dopo, schiaffeggiarne i glutei. Una serie di schiaffi a cui seguì una ininterrotta sinfonia di gemiti di piacere. Poteva chiaramente vedere la sua intimità contrarsi a ogni colpo, inumidendosi di dolci umori lussuriosi. Il contatto con la pelle riecheggiava nel silenzio della sala, accompagnato solo dalle vocalizzazioni di Alessia.

    L’intensità si inasprì a poco a poco, impendendo così ad Alessia di riprendersi tra un colpo e l’altro. Con scarso preavviso, le gambe della ragazza cedettero, facendola scivolare ansimante e supina sul pavimento.

    “Ti avevo detto di non muoverti…”

    Quel flebile sussurro riempì il cuore di Alessia di una perversa gioia, la voce di Silvia pareva il pericoloso richiamo di una sirena. Chinata al suo fianco, Silvia continuò imperterrita a colpirne i glutei ormai paonazzi. Un sommesso urlo fu il breve preludio al culmine del piacere. Un lieve zampillo di nettare sgorgò tra le gambe di Alessia, bagnandole le cosce già abbondantemente umide.

    Silvia la osservava con un misto di orgoglio e pietà. Un sommesso singhiozzare, però, interruppe il suo trionfo di piacere.

    “Ti prego non…”

    Un po’ tardi per chiedere di fermarsi, ormai l’irrefrenabile desiderio aveva consumato entrambe. Silvia lasciò che la ragazza finisse la sua supplica, con un senso di colpevolezza a persuaderla.

    “Non… dirlo a Giulio”

    Quella inaspettata richiesta cozzava col lascivo spettacolo che si prospettava agli occhi di Silvia. L’umida reazione, il fremere di piacere, la rapida contrattura dei suoi muscoli, Alessia stava ancora combattendo contro se stessa. Come se fosse un tanto atteso dessert, Silvia affondò un dito tra le gambe di Alessia, facendola sussultare, raccogliendone il nettare. Un gusto caldo dalle note aspre riempì la bocca di Silvia, che curiosa si deliziò di quel boccone tanto raro quanto saporito.

    “Lo ami davvero così tanto?”

    Un timido cenno di assenso bastò per trasmettere la sua più totale devozione. Un amore dalle radici perverse, che avviluppavano l’anima di Alessia non lasciandole scampo alcuno. Silvia si sedette vicino a lei, accarezzandone i soffici e scompigliati capelli, evitando di rendere ancora più visibile l’incontenibile erezione che covava negli slip. Si sentiva in dovere di aiutarla, ma, al tempo stesso, un profondo senso contrastante di invidia pervadeva la sua buona volontà.

    “Tranquilla, ci sono io qui con te. Ti aiuterò io con… Giulio.”
     
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    Capitolo 12 - Alt.

    La tensione nell’abitacolo era palpabile, il silenzio era accompagnato solamente dal rombare del motore e il debole e annoiato canticchiare dell’autista. Quando il sipario calò sul disdicevole spettacolo di cui le due ragazze si erano rese protagoniste, l’orologio già segnava un orario poco consono per avventurarsi da sole tra le viuzze della città illuminate a malapena dal pallore lunare.

    Sul perché avesse accettato quell’offerta Alessia non sapeva darsi una risposta. Si sentiva in debito nei confronti di Silvia, anche se, una valutazione più razionale, la portava a identificarsi come una vittima incompresa. Eppure, nonostante tutto, la razionalità dovette chinarsi dinnanzi al confuso turbinio di sentimenti che animavano le sue scelte.

    Il suo sguardo si faceva pesante quando si voltava in direzione di Silvia, scadendo nell’impotenza di poterla confrontare su quanto fosse successo. Il susseguirsi dei lampioni illuminavano periodicamente le sue pallide e minute dita, affusolate e racchiuse sulle ginocchia. La sua silhouette era accartocciata sulla portiera, discostata dal mondo esterno, distanziandosi per quanto possibile dall’altra passeggera. Quest’ultima, contrariamente, era tranquillamente stravaccata sul sedile, occupando più spazio del necessario. La sua spontanea spavalderia, però, era solo un’apparenza che celava un’altrettanta profonda insicurezza.

    -Che cazzo ho fatto…-

    Sospirò, come a voler far defluire all’esterno del suo corpo quegli indecifrabili pensieri. Nella sua bocca ristagnava ancora il dolce sapore di Alessia, di quel piacere intenso e peccaminoso. Dopo quanto era successo non poteva farla tornare a casa da sola, oltretutto di notte, quel fiore indifeso, sarebbe stato preda sicura di qualche malintenzionato. Una volontà a proteggerla che non seppe spiegarsi, non dopo le sue azioni.

    Alessia aveva già avvertito le sue coinquiline che non sarebbe rientrata a casa quella sera, sprigionando una serie di messaggi carichi di curiosità e malizia. Non solo aveva accettato che Silvia le pagasse il viaggio in taxi, ma anche che la ospitasse a casa sua per quella notte. Continuava ad arrovellarsi sul perché avesse accettato, decidendo che il cogliere l’opportunità di passare del tempo in più con Giulio potesse essere la motivazione più logica. Sapeva bene, però, che quella risposta di cortesia, in realtà, era una lurida bugia che continuava a ripetersi, terrorizzata dal voler scavare più a fondo e comprendere la reale ragione delle sue scelte.

    Il taxi, talvolta, sobbalzava sulle buche, donando così un po’ di movimento ai due manichini che stava trasportando. I fugaci sguardi di Silvia erano gli unici contatti in grado di superare l’impenetrabile barriera invisibile che si era erta tra le due. Non sapeva come avrebbe dovuto commentare il loro scambio di piacere o se tacere sarebbe stata la strada migliore da intraprendere per entrambe.

    Avrebbe voluto sondare l’opinione di Alessia, conoscerne i pensieri, nella speranza che detenesse la risposta ai suoi interrogativi. Temeva il suo giudizio, temeva il giudizio che avrebbe potuto avere Giulio se fosse venuto a sapere della loro piccola avventura. Non voleva essere la causa di una rottura tra i suoi amici. Inoltre, con che faccia avrebbe potuto affrontare Giulio dopo quanto successo? Inutile piangere sul latte versato, aveva fatto godere la spasimante del suo amico senza porsi alcun freno, avrebbe dovuto imparare a convivere con quel rimorso.

    Il tamburellare delle unghie di Silvia sulla pelle del sedile distraeva Alessia, che, nel frattempo, era altrettanto immersa in un violento conflitto interiore. I suoi glutei le dolevano ancora, caldi e malconci, trofei immeritati della follia del piacere. Un gusto acquisito che l’aveva portata a sciogliersi davanti agli occhi di Silvia, regalandole uno spettacolo vergognoso. Ripensando a quanto era successo, le gote si tingevano di rosso e il suo ventre tornava a ribollire. Arrivò quasi a raggomitolarsi nel vano tentativo di difendersi anche da se stessa.

    Una brusca frenata segnò la fine della corsa e delle elucubrazioni delle due anime in pena. Lo stanco guidatore si voltò verso i sedili posteriori, allungò una mano e, perentoriamente, annunciò il prezzo del servizio.

    “Ah, il pos è rotto”

    Silvia si fece carico, come promesso, della spesa, anticipando qualsivoglia mossa di Alessia. Una volta uscite dalla vettura, nella calma della notte, Silvia fece strada ad Alessia, guidandola lungo le anguste scale dell’edificio fino alla porta dell’appartamento. Con sé, l’inattesa ospite, aveva solo la borsa con cui era uscita e poco altro. Nessun pigiama, nessun vestito pulito. Non era tra i suoi piani quell’evasione notturna.

    Così come l’esterno, anche all’interno della casa il silenzio avvolgeva ogni cosa. Con dei scaltri passi, Silvia apriva la strada alla sua ospite d’onore, invitandola a non generare alcun rumore. Giulio, a quell’ora, stava già dormendo profondamente. Aveva atteso, gironzolando per casa annoiato, la sua coinquilina fino a poc’anzi, interpellandosi sul suo ritardo senza, però, preoccuparsene più di tanto.

    Varcando la soglia della cucina, un piattino con sopra un semplice panino accompagnato da un biglietto balzò immediatamente all’occhio di Silvia.

    -Per quando torni-

    Una faccina sorridente e un cuoricino scarabocchiato adornavano le premurose parole di Giulio. Agilmente, Silvia trafugò il messaggio, stropicciandolo e nascondendolo in una tasca dei pantaloni. Prese quel sobrio panino e, voltandosi verso Alessia, lo spezzò a metà.

    “Avrai fame anche tu immagino”

    La vista della generosa offerta fece brontolare lo stomaco di Alessia che, malgrado l’imbarazzo, accettò sommessamente. Tralasciando ogni buona maniera e decoro, entrambe divorarono un tanto banale quanto prelibato piatto in pochi bocconi. La tensione e l’intenso esercizio fisico avevano lasciato una voragine da colmare nella loro pancia.

    Quel gustoso piacere si esaurì in fretta, lasciandole ancora in balia dell’imbarazzo e del silenzio. Silvia si assentò solo per un secondo, riapparendo con un pigiama di qualche taglia più grande rispetto a quella di Alessia.

    “Per la notte”

    Alessia accettò con un sommesso ringraziamento quell’inaspettato atto di gentilezza. Si ritrovò, nel giro di pochi minuti, nella stanza di Silvia, la quale aveva gentilmente concesso alla sua ospite. Avrebbe voluto controbattere, ma non ne aveva né la forza fisica né psicologica.

    In quella rinnovata privacy e solitudine, finalmente, Alessia poteva tirare un momentaneo sospiro di sollievo. Silvia non era più lì con lei, poteva far calare le proprie difese che strenuamente aveva eretto. Il pigiama le stava decisamente largo, sul petto una scritta a caratteri cubitali riportava le parole “BAD BITCH”. Si sentiva in imbarazzo solo a indossare qualcosa del genere.
    Alessia si rigirò per molto tempo nell’ampio letto di Silvia, tormentata ancora dai pensieri. Prima o poi avrebbe dovuto affrontare quella discussione, non poteva rifuggire per sempre dal confronto. Quanto era successo doveva avere una spiegazione, una motivazione, qualsiasi cosa che le potesse donare tranquillità. Istintivamente si colpì il ventre, volendosi punire di quelle sue reazioni istintive e carnali. Avrebbe voluto tornare in quel negozio, stesa sul pavimento, e urlare con tutto il fiato a Silvia di non fermarsi, di continuare a colpirla lasciando la sua mano ben impressa sulla sua pelle. Un altro pugnetto colpì il suo ventre, non poteva permettersi di indugiare in certi pensieri. L’opinione che Giulio conservava di lei doveva essere cristallina, estranea a qualsivoglia macchia disdicevole.

    Ogni tentativo di reprimere quei pensieri era vano, la sua mente correva a qualche ora prima, quando era vittima della sua passione. La sua intimità fremeva nuovamente, carica di desiderio pronto a colare nuovamente tra le sue cosce.

    -Non qui, non qui, non qui… -

    Il suo corpo, oramai, non rispondeva più alla mente e sguazzando nei ricordi più lussuriosi aveva innescato una reazione a catena impossibile da fermare. Per disinnescare quella bomba a orologeria che custodiva nel ventre impiegò ogni fibra della sua volontà. Miracolosamente, con molta fatica, riacquistò la calma a cui tanto anelava, sufficiente per farla sprofondare in un sonno quantomai agitato.

    Silvia, invece, era meno prona a queste problematiche. Stesa sul divano, anche lei non poté fare a meno di rivivere quei momenti, ma, al contrario di Alessia, assecondò con gusto il proprio corpo. Pur non ritenendola una cosa giusta da fare, lasciò che la sua mano guidasse un energico massaggio. Il membro eretto, umido e pulsante, scivolava nella sua mano, finalmente libero di esprimersi all’aria aperta.

    Un po’ per pigrizia e un po’ per perversione, lasciò che gli schizzi si accumulassero nell’altra mano che, leggermente piegata, fungeva da piccolo recipiente. Una volta terminata l’ondata di piacere, portò alla bocca la sua fatica, dissetandosi con gusto, facendo attenzione a raccogliere ogni goccia con la sua calda lingua.

    Permise al suo membro di adagiarsi sui pantaloni lievemente discostati, osservandolo ritirarsi, stanco e compiaciuto. Una volta calmo lo riaccompagnò al sicuro negli slip, felice del lavoro appena compiuto.

    La prima a svegliarsi, con il sole che iniziava a filtrare dolcemente attraverso le persiane, fu Alessia. Non voleva trattenersi oltre e abusare oltremodo della pazienza di Silvia, né, tantomeno, doversi confrontare con lei in presenza di Giulio. Di soppiatto, sgusciò nel bagno, invadendo controvoglia lo spazio personale dei due inquilini.

    Finalmente poteva purificarsi e mondare da se stessa ogni ricordo della notte precedente. L’acqua scorreva sull’esile e minuto corpo, ripulendo i rimasugli dei suoi umori celati dalle sue cosce. Alessia iniziava a sentirsi meglio, un rito purificatore che la stava aiutando a ricongiungersi con la sua parte più pacata e tranquilla. Così come lavava la sua candida pelle, depurava la sua mente da qualsiasi velleità sessuale.

    Si asciugò alla ben e meglio, prendendo in prestito il phon di Silvia e utilizzando gli asciugamani presenti. Non era sicuramente elegante, ma bastava per tornare al proprio appartamento e finire di prepararsi. I vestiti sgualciti della sera prima cadevano con grazia sulle sue forme, meglio di quanto avesse fatto il pigiama gentilmente concesso da Silvia. Ripose ogni asciugamano e il pigiama con cura su un mobiletto del bagno e, come un fantasma, si affrettò ad uscire.

    Spalancò la porta del bagno e, dall’altra parte, incontrò un assonnato e spaesato Giulio. Ancora in procinto di stropicciarsi gli occhi, tra uno sbadiglio e l’altro, non appena vide la porta del bagno aprirsi scattò quasi sull’attenti. Come suo solito, da qualche tempo, non indossava più i pantaloni, lasciando, quindi, alla piacevole vista di chiunque fosse presente la sua erezione mattutina.

    “Buongiorno S-“

    Il mattiniero saluto venne presto stroncato dall’apparizione angelica e inaspettata di Alessia. La ragazza lo guardò prima negli occhi, poi lo sguardo seguì i suoi lineamenti fino a scendere sull’erezione in bella vista. Il volto si tinse di un rosso accesso e, prima ancora che Giulio potesse reagire, balzò verso la porta di uscita, abbandonando la scena del crimine.

    Silvia si svegliò di soprassalto al rumore del portone sbattuto contro l'intercapedine del muro, rischiando quasi di scivolare dal divano. Si trascinò fino al corridoio, dove ad attenderla vi era un balbettante Giulio che stava ancora processando quanto era appena successo.

    “Lunga storia… lunga storia…”

    Mormorò, massaggiandosi il collo indolenzito, mentre continuava la sua stanca marcia verso la cucina. Giulio, senza parole, con gli occhi sbarrati, entrò in bagno, tentando di riprendere come se niente fosse la sua routine mattutina. Si diede un pizzicotto, sperando che stesse vivendo solo un incubo, ma il dolore lo convinse di star vivendo solo la sua vita da incubo.
    Si sciacquò il volto più e più volte, riflettendo su quanto fosse accaduto nei pochi e fugaci secondi.

    -Oh no…-

    La realizzazione improvvisa della sua condizione lo fulminò istantaneamente, afferrò con una mano il suo pisello ancora barzotto, maledicendo il momento in cui aveva deciso di non indossare più le mutande. Sbuffò, sconsolato, mentre si dirigeva verso la doccia. I vetri erano ancora leggermente appannati e un delicato profumo di vaniglia permeava l’aria.

    Poco fuori la doccia, nascosto dalla porcellana del bidet, gli occhi di Giulio colsero qualcosa. Incuriosito, la sua attenzione si precipitò su quella visione fuori dall’ordinario. Uno stretto paio di slip bianchi era adagiato sul pavimento. Li raccolse, soppesandoli, la dimensione e lo stile non li rendevano certamente parte del guardaroba di Silvia. Impiegò poco per connettere la presenza di Alessia e la comparsa di quei misteriosi slip. Nella fretta, la ragazza li aveva dimenticati e abbandonati nel bagno. L’idea di sapere Alessia fuori casa senza mutandine e di poterne stringere un paio usato diede una nuova vita al membro di Giulio.

    Li annusò curioso, l’odore di cui erano pregni riempì il naso di Giulio, i feromoni sprigionati dall’intendo piacere di Alessia investirono senza remore il giudizio del ragazzo. Ghiotto di quell’occasione, non badando alle conseguenze, avvolse il slip attorno alla sua umida cappella. Quell’atto dissacrante nei confronti di Alessia lo portò a una subitanea eruzione, riempiendo il bianco tessuto di denso liquido caldo.

    “Non hai fatto una cosa carina…”

    Giulio sussultò e, con ancora le mutandine avvolte sul membro, si girò di scatto verso la fonte dell’inaspettato giudizio. Silvia, con le braccia incrociate e il volto crucciato, aveva osservato la depravazione di Giulio ed era pronta a fargliene pagare le conseguenze.

    “Ti sembra giusto rubare la biancheria delle tue amiche?”

    Silvia sbatteva nervosa il piede in attesa di una risposta che tardava ad arrivare. Giulio annaspò, mentre l’eccitazione lasciava spazio alla vergogna.

    “Guarda come le hai ridotte”

    Silvia sfilò gli slip sporchi, ancora impalati sul membro di Giulio, e li distese in aria tenendoli con le dita. Una umida macchia copriva larga parte degli slip, non lasciando alcun dubbio sull’intento di Giulio.

    “Mi… mi dispiace, non volevo farl-“

    “Adesso pulisci!”

    Il giudice aveva già deciso la pena da infliggere, non lasciando modo a Giulio di difendersi. Riluttante e imbarazzato, il ragazzo prese tra le mani le mutandine, trofeo della sua perversione, e fece per metterle nel cesto della biancheria sporca.

    “Ho detto che devi pulirle”

    Giulio si fermò, non comprendendo pienamente la logica dell’ordine della sua coinquilina. Anziché gettarle nel cesto, quindi, le portò verso il lavandino, ma, anche in questo caso, alla sua azione corrispose uno sbuffo annoiato di Silvia.

    “Pu-li-re”

    Scandendo la parola, Silvia strappò gli slip dalle mani Giulio e glieli porse a pochi centimetri dalla bocca.

    “Avanti”

    Giulio osservò prima Silvia e poi la chiazza umida sulle mutandine. Era confuso, imbarazzato e intimorito da quella richiesta. Non poteva sottrarsi a Silvia, non glielo avrebbe consentito. Lentamente, fece scivolare la lingua tra le sue labbra serrate e, con fare indeciso, diede qualche leccata. La punta della lingua raccolse alcune delle gocce ancora fresche della sua densa esplosione di piacere. Finalmente, un’espressione soddisfatta si dipinse sul volto di Silvia.

    “Bravo… e non farlo più, altrimenti le prossime che pulirai saranno le mie”
     
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    Questi capitoli alternativi sono ancora meglio dei precedenti. Hai migliorato un lavoro ottimo , bravo!
     
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